“Salve Jorge”: dalla Turchia alle favelas di Rio

Dopo un periodo di assenza, torno a scrivere qui e da ora spero di farlo con maggiore regolarità. Essendo noveleira, riparto proprio dall’ultima produzione Globo vista per intero. Si tratta di “Salve Jorge”, di Gloria Perez, trasmessa da Rede Globo da ottobre 2012 a maggio 2013, che ho seguito più o meno in contemporanea con il Brasile (alternando spaventosi ritardi a recuperi sovrumani 😀 ). Partita con ascolti piuttosto bassi, soprattutto se confrontati alla precedente, la fortunatissima “Avenida Brasil”, la novela ha creato polemiche e diviso il pubblico tra ammiratori e detrattori, cosa che succede sempre con i lavori di questa autrice, tuttavia col passare dei mesi i telespettatori sono aumentati e nella parte finale vi sono stati picchi di share molto alti (anche se la media complessiva, 35%, resta inferiore alle aspettative). Inizio col dire che il mio giudizio complessivo è positivo (anche perché altrimenti l’avrei abbandonata) e che, pur non ritenendola certo una novela indimenticabile, come  fu “O Clone”,  a volte ho ritenuto eccessive le critiche negative, dal momento che i difetti riscontrati in “Salve Jorge” si possono facilmente trovare anche in altre produzioni, sia del passato che attuali.

L’argomento principale della storia era il traffico umano, in particolare lo sfruttamento della prostituzione e le adozioni illegali di neonati. Un tema forte, insolito, come nelle precedenti novelas della Perez , e una novità anche  nella scelta della protagonista: Morena è infatti una giovane che risiede in una vera favela, in quel “Morro do Alemão” di Rio de Janeiro, zona che, nella realtà, ha da poco subito un processo di pacificazione.

Questi sono due aspetti che ho molto gradito, in quanto hanno contribuito ad allertare la popolazione su un fenomeno purtroppo ancora diffuso e restituito dignità agli abitanti delle favelas, spesso vittime di pregiudizi. Qualcuno ha obiettato che un argomento così serio come il traffico umano non dovrebbe essere affrontato in una novela, che è comunque un genere destinato all’intrattenimento e all’evasione dalla realtà. Per quanto mi riguarda, ciò che mi piace della Perez è proprio quel suo unire la componente classica, romantica, ereditata dalla sua maestra Janete Clair, ai problemi reali della società di oggi. Poi, avendo visto in passato tante telenovelas in cui l’argomento principale era l’amore, solitamente ostacolato dai cattivi di turno, e la trama si riduceva ad  un continuo “gioco delle coppie”, ora sono ben contenta di trovare nuovi elementi che arricchiscono la narrazione e offrono spunti di riflessione e collegamenti al mondo reale.

Nanda Costa, scelta per ricoprire il ruolo di Morena, non ha, soprattutto all’inizio, incontrato i favori del pubblico in quanto non corrispondeva all’immagine tipica della mocinha, ma col passare del tempo ha guadagnato consensi: a me è piaciuta molto la sua evoluzione da ragazza piuttosto volgare, attaccabrighe, a giovane donna coraggiosa, altruista e mai rassegnata, capace di ritrovare il sorriso anche nelle situazioni più disperate.

Ho approvato meno, invece, la scelta del protagonista, Rodrigo Lombardi, un attore che a me in genere non entusiasma, e qui non ha fatto eccezione: il suo personaggio, poi, era caratterizzato da un’impulsività che spesso lo rendeva poco simpatico e decisamente infantile in alcune sue reazioni.

“Salve Jorge” racconta di Morena e dell’inferno in cui inconsapevolmente precipita: bisognosa di soldi per poter riscattare la casa in cui vive con al madre e un figlio, Junior, avuto nell’adolescenza da un trafficante di droga, e non volendo dipendere da nessuno, neppure dal fidanzato, il capitano dell’esercito Théo (Lombardi) , la ragazza cede alle lusinghe dell’imbrogliona patentata Wanda (Totia Meirelles), che le promette un lavoro all’estero. Ed ecco che si ritrova catapultata in Turchia dove, insieme ad altre giovani, tra cui Jéssica (Carolina Dieckmann), che diverrà una sua grande amica, scopre con orrore di essere diventata una vera e propria schiava, rinchiusa in un deposito e costretta a prostituirsi in un locale notturno, sotto la vigilanza del perfido Russo (Adriano Garib).

Da quel momento la novela sarà incentrata sui tentativi di Morena di recuperare la libertà  e sulle indagini che porteranno alla scoperta dei colpevoli: dopo una serie di intrighi, omicidi (uno dei momenti più drammatici sarà la morte di Jéssica, ispirata alla vera storia di una ragazza che ha purtroppo subito questo triste destino), arresti, interrogatori, trappole, si giungerà, nel finale, alla liberazione, con una scena degna di un film d’azione, delle vittime dell’ignobile traffico.

Il titolo, “Salve Jorge”, fa riferimento alla battaglia che diversi personaggi della storia intraprendono contro i draghi che vogliono annientarli, proprio come fece San Giorgio, di cui Théo è devoto. E i draghi di questa novela, ma anche della vita di tanti di noi, possono essere di volta in volta persone senza scrupoli, difficoltà economiche, difficoltà nel lavoro, lutti, problemi coniugali, pregiudizi, o anche un passato che ci perseguita.

I nuclei coinvolti nella storia sono parecchi (e questa è un’altra delle critiche che l’autrice ha ricevuto: troppi personaggi, troppi attori ridotti a semplici comparse). C’è la divertentissima  delegada Helô di Giovanna Antonelli, brillante commissario di polizia, una delle figure più riuscite ed amate della novela, affiancata nel lavoro da eccellenti collaboratori come la simpatica Jo (Thammy Miranda); nella sua vita privata una costante è invece la presenza dell’ex marito Stenio (Alexandre Nero), avvocato, che  prova continuamente a riconquistarla, e che ha l’affidamento della  loro viziatissima figlia, Drika (Mariana Rios), sposata con il nullafacente, imbroglione e poco sveglio Pepeu.

C’è il ricchissimo Mustafà (Antonio Calloni), amico di Stenio: vive in un lussuoso palazzo in Turchia, con vista su Bosforo, insieme alla moglie Berna (Zezé Polessa) e alla figlia adottiva Aisha (Dani Moreno) che, raggiunta la maggiore età, vuole ritrovare la sua famiglia biologica, quindi i tre saranno per gran parte del tempo in Brasile.

Ci sono poi due famiglie, legate da un’amicizia pluriennale e da segreti che verranno scoperti solo nel finale. Da una parte i Flores Galvão, cioé la risoluta Dona Leonor (Nicette Bruno) e i bramosi eredi dell’ingente patrimonio, ossia la possessiva Aída (Natália do Valle), la single Rachel (Ana Beatriz Nogueira), il pacato Carlos (Dalton Vigh), i suoi figli Caíque (Duda Nagle) e Carol (Mila Freitas), la fastidiosissima, di lui moglie, Amanda (Lizandra Souto), e il maggiordomo ultra-conservatore Thompson (Odilon Wagner); dall’altra  parte Isaurinha ( Nívea Maria) e Arturo ( Stênio Garcia), ormai caduti in disgrazia, il loro irascibiile e inconcludente figlio Celso (Caco Ciocler), sposato con l’ingenua Antonia (Letícia Spiller), e la loro bambina Raissa, contesa tra i due in una dolorosa separazione e nella conseguente lotta per l’affidamento.

C’è il nucleo turco, che oltre alle meravigliose vedute di Istambul  e ai bellissimi paesaggi della Cappadocia, corredati dalle consuete danze tipiche, presenta una serie di personaggi legati alle tradizioni del luogo (la già citata famiglia di Mustafà e i suoi parenti ed amici Sarila, Zyah, Ayla, Tamar, Demir, Murat e altri), ai quali si uniranno per diversi mesi la spregiudicata Bianca (Cléo Pires), brasiliana che perderà la testa per Zyah (Domingos Montagner) e disputerà il suo amore con Ayla ( Tânia Khalill), e in seguito Morena, in fuga dai suoi aguzzini e ritenuta morta da tutti. Poi ci sono gli abitanti del complesso di Alemao: varie macchiette  (Diva, Maria Vanúbia, Lurdinha, il pregiudicato Pescoço) e due figure fondamentali della storia: Lucimar, la battagliera madre di Morena, con la quale, grazie alla bravura di Dira Paes, mi sono commossa più volte, e Delzuite (Solange Badim), che si rivelerà essere la madre biologica di Aisha.

E ancora il nucleo dei militari, tra cui il protagonista della storia, Théo, la sua ex Érica (Flávia Alessandra), dalla quale il nostro tornerà ad ogni crisi con Morena e soprattutto quando la crederà persa per sempre, il collega invidioso Élcio (Murilo Rosa) e il colonnello Nunes (Oscar Magrini), che diverrà il marito di Aída.

Infine abbiamo tutto il gruppo dei trafficanti di persone: colei che è a capo dell’organizzazione, Lívia Marine (Cláudia Raia), nome famoso nel campo della moda, per questo al di sopra di ogni sospetto per molto tempo,Wanda con le sue macchinazioni e le sue molteplici identità, Irina (una stanca Vera Fischer) Russo e il suo unico amore, il gatto Yuri, Rosangela (Paloma Bernardi), una vittima che si allea con i suoi aguzzini, e vari complici dislocati nei luoghi in cui vengono commessi i reati legati alla prostituzione e alle adozioni illecite.

Con un cast così ricco (e ho tralasciato alcuni personaggi minori, seppur alcuni interpretati da nomi importanti) inizialmente non è stato facile entrare nella storia ed appassionarmi alle vicende che sembravano slegate, ma dopo una quarantina di capitoli ero totalmente coinvolta , e ad ogni puntata c’era almeno un colpo di scena, o un incontro inatteso, o una scoperta sconvolgente. Sono stata in tensione mentre Helô svolgeva le sue indagini e si avvicinava sempre di più a scoprire le trame ordite dalla rete dei trafficanti, ho riso con le schermaglie tra lei e Stenio, con la camariera Creusa (Luci Pereira) nelle vesti di Cupido, e devo dire che il finale ha regalato una degna conclusione, sia amorosa che professionale, a questo fantastico personaggio della Antonelli, che ha rubato la scena alla protagonista.

Ho sofferto con Morena quando cercava di fuggire o di comunicare con il mondo esterno, quando pensava alla madre o al figlio Junior rimasto a Rio, quando, tornata in Brasile, minacciata da Russo, doveva fingere con tutti e tacere la sua condizione di prostituta schiavizzata, o quando, incinta del secondo figlio, volevano obbligarla ad abortire, così come era avvenuto ad altre sfortunate ragazze che lavoravano con lei.

E ho sognato con Bianca e Zyah, che vivevano la loro passione in un luogo incantato, in cui dimenticavano tutto e tutti, anche le loro diverse concezioni della vita, e si rifiutavano di vedere l’uno i limiti dell’altra.

 

Ho trovato interessante anche il tema dell’alienazione parentale, e in questo contesto mi ha favorevolmente colpito Leticia Spiller nei panni della povera Antonia, la cui autorità di madre veniva pian piano minata dalle insinuazioni che il marito faceva, in maniera subdola, alla loro figlia, ancora troppo piccola per rendersene conto.

Gloria Perez è stata spesso ferocemente criticata per via di alcune incongruenze nella trama, per situazioni che sono parse assurde (una chiesa aperta durante la notte, un omicidio commesso dentro un ascensore di un hotel) e per la “scomparsa” di alcuni personaggi, come quello di Cristiana Oliveira, per buona parte della telenovela.

Alcune di queste osservazioni erano anche condivisibili, secondo me, ma ad un certo punto si è creata una vera e propria campagna contro la Perez e una continua e anche ridicola “caccia all’errore”. Del resto, se anche in noti e pluripremiati film di Hollywood spesso ci sono errori e “licenze poetiche”, a maggior ragione posso perdonarli in una telenovela con tanti personaggi, una trama “gialla” e composta da quasi duecento episodi.

Io confesso che  mi sono ugualmente appassionata e in alcune serate vedevo anche cinque puntate di seguito, presa dalla frenesia di conoscere gli sviluppi della trama.

Ciò che non mi ha soddisfatto in pieno è stata, nelle ultime puntate, la conclusione affrettata di alcune vicende, tra cui appunto l’affidamento di Raissa, oppure la punizione dei cattivi, solo accennata nelle ultime scene, o la nascita del legame amoroso tra Lucimar e Thompson, che si intuiva da tempo ma che si è concretizzata solo nel momento finale della storia.

Invece  ho gradito molto la soluzione della storia di Aisha, in particolare il modo in cui lei, dopo l’iniziale rifiuto, impara ad apprezzare la sua umile famiglia biologica e ad amalgamarsi agli abitanti della favela.

E anche vedere, al termine del suo calvario, Morena riunirsi a Théo, ai due figli e alla madre, festeggiata dagli amici nel luogo in cui è sempre vissuta, è stato davvero emozionante.

Tra gli attori, le mie lodi vanno a Totia Meirelles, una splendida cattiva, alla mia amata Giovanna Antonelli, poi a Dira Paes,  Antônio Calloni, Adriano Garib, Leticia Spiller, Tiago Abravanel (Demir).

E infine, come sempre ho gradito la colonna sonora, i paesaggi di Rio e Istambul e gli abiti. Da notare che questi ultimi avevano un valore simbolico: eccentrici e dai colori sgargianti quelli della vulcanica ma problematica Helo, rigorosamente bianchi quelli di Livia nella prima parte, quando era fredda e impassibile di fronte a qualsiasi situazione,  nei toni del rosso, invece, quando perdeva la testa (e il controllo di sé ) per Théo, sobri ed eleganti  quelli della pacata Antonia, semplici e dai colori pastello quelli della mite e comprensiva Erica.

Non solo Globo

Nonostante la mia predilezione per la Globo, in passato ho avuto modo di vedere un buon numero di telenovelas non brasilane e anche oggi continuo ad interessarmi alle nuove produzioni, anche se mi capita raramente di seguirle con passione. Alcuni titoli risalenti ad una trentina di anni fa hanno per me un valore affettivo, pur essendo di qualità modesta, in quanto mi hanno accompagnata nei miei pomeriggi di studi, erano argomento di conversazione con le mie amiche, permettevano di sognare una storia d’amore da favola, di palpitare per il bello di turno, di identificarsi con la protagonista che, pur dovendo versare litri di lacrime per centinaia di puntate, alla fine viveva felice con il suo amato. Inoltre hanno avuto il pregio di avvicinarmi all’affascinante mondo sudamericano e all’idioma spagnolo, che successivamente avrei scelto, all’università, come seconda lingua da studiare.

La prima non brasiliana che ho visto è stata il fenomeno “Anche i ricchi piangono”,della messicana Televisa, ancora oggi la principale casa produttrice di telenovelas,  che ha reso Veronica Castro popolarissima anche nel nostro paese: è stata forse l’unica telenovela che ho seguito con mia madre, per nulla amante del genere. Tutti ricordano la selvaggia e genuina Mariana, che trova il suo Pigmalione nel giovane e viziato figlio di un ricco amico di suo padre, il quale la ospita quando lei resta orfana, ma la povera ragazza  dovrà subire soprusi e umiliazioni prima di trasformarsi in una raffinata signora e coronare il suo sogno d’amore. Di questa attrice apprezzai anche “Il diritto di nascere”, che affrontava temi seri come la maternità non pianificata, l’alcolismo, il razzismo, e “Veronica il volto dell’amore”, argentina (ma scritta dal brasiliano Vicente Sesso)con il galán Jorge Martínez, che pure divenne un idolo nel nostro paese.

Le produzioni sudamericane negli anni ottanta e novanta imperversavano sulle nostre reti, sia nazionali che locali, ed ecco allora che iniziai a conoscere altri volti come Mayra Alejandra, che  ancora oggi mi è rimasta nel cuore (e alla quale dedicherò un articolo prossimamente), Grecia Colmenares, Jeannette Rodríguez, Lucía Méndez, Luisa Kuliok, Andrea Del Boca, e subii il  fascino dei loro compagni di scena: Jean Carlos Simancas, Arnaldo André, Osvaldo Laport, Carlos Mata, il già citato Martinez…

Il riscontro in Italia in quel periodo fu talmente buono che si giunse a realizzare delle (infelici, a mio avviso) cooproduzioni con l’Argentina (“Manuela” e “Milagros” i titoli più noti) e con il Brasile (“Terra nostra 2”). Poi, il declino. L’interesse cominciò a scemare e le telenovelas sparirono dai palinsesti. Ultimamente, grazie ad Internet e all’ampliamento dell’offerta televisiva satellitare, molte persone (me compresa) hanno ripreso contatto con quel mondo: a dare l’impulso sono state sia la nostalgia per le vecchie storie che la curiosità per le nuove, mai arrivate da noi. In questo clima è nata anche Lady Channel, la rete di Sky dedita esclusivamente a questo genere, di cui ho parlato lo scorso dicembre, che tuttavia, dopo i primi entusiasmi, sta da un paio di mesi attraversando un periodo di crisi: al momento risultano pertanto incerti il suo futuro e un’eventuale nuova collocazione. In ogni caso in questi anni anche nel nostro paese  sono nati forum di discussione, blog e pagine Facebook per  commentare le nuove produzioni e condividere informazioni. In tal senso ho potuto constatare che il Messico, in particolare Televisa, è vincente ancora oggi, nonostante la mancanza di creatività (produce soprattutto rifacimenti di storie di successo)  e non sembra aver abbandonato le caratteristiche del passato: l’amore in primo piano, i toni melodrammatici, le trame fiabesche. L’Argentina fa registrare, tra gli appassionati italiani,anche  telespettatori giovani, sia perché sono state acquistate dalle nostre reti  telenovelas per adolescenti (“Patito feo” ,”Floricienta” e altre), sia perché sta proponendo, in quelle destinate ad un pubblico adulto, trame dinamiche, temi d’attualità, personaggi moderni, umorismo (un bel cambiamento rispetto al filone amoroso e alle storie lunghe e noiose degli anni ottanta); il Venezuela e il Perù sono invece un po’ in ombra  attualmente, mentre stanno emergendo la Colombia (a partire dal successo mondiale di “Betty la fea”, con Ana María Orozco e Jorge Enrique Abello), le produzioni della rete statunitense Telemundo e le telenovelas cilene.

Chi sono gli attori che hanno dominato negli ultimi anni e che hanno estimatori anche in Italia? Direi che per Televisa il più noto è Fernando Colunga, a dire la verità già conosciuto in Italia per “Esmeralda” , ma divenuto un vero idolo con “Amor Real” che molti in Italia hanno visto su TVE Internacional, canale satellitare spagnolo. Tra i più giovani abbiamo William Levy,vera mania del momento, e David Zepeda, entrambi già apparsi su Lady Channel con “Sortilegio”, Mauricio Ochmann (“Amarte así Frijolito” sempre su TVE, “Victoria” con la star Victoria Ruffo,), che è stato  Lucas nella recente versione di Telemundo di “O Clone” e del quale proprio oggi parte la nuova telenovela che lo vede protagonista, “Rosa Diamante”, remake di “Perla nera” (per chi fosse interessato, l’amica Samantha Assenza vi può dire tutto su questo attore nella pagina Facebook di cui trovate il link nel blogroll). Sul fronte argentino, chi ha avuto la possibilità di vedere “Montecristo” ha imparato ad apprezzare Pablo Echarri, mentre, anche grazie a Lady Channel, recentemente si è imposto il bel Facundo Arana, che ha conquistato parecchi fans con le sue interpretazioni in   “Padre Coraje”, “Vidas Robadas” e “099 Central”. Non posso non citare Mario Cimarro, protagonista della fortunatissima “Pasión de Gavilanes” (che molti di noi hanno scoperto grazie alla rete perché mai giunta sui nostri schermi), la sua partner in questa produzione, Danna García (vista anche in ” Corazón Partido” su TVE), Jacqueline Bracamontes, che faceva coppia con Levy in “Sortilegio” e apparsa anche in “Rubi” accanto alla splendida Bárbara Mori (sempre su TVE),  Christian Meier (“La tormenta” ancora su TVE, con Natalia Streignard) e sicuramente altri che in questo momento non ricordo. Inoltre continuano a lavorare con successo e ad avere quindi ammiratori anche qui da noi quegli attori che avevamo conosciuto nel periodo glorioso di Retequattro e Rete A: Victoria Ruffo, Lucero, Adela Noriega, Eduardo Yáñez, Osvaldo Laport, Raúl Taibo, Edith González (in questo periodo in video con “Cielo Rojo” su Lady Channel, accanto a Mauricio Islas).

Per quanto mi riguarda, tra le produzioni che ho avuto modo di vedere nell’ultimo decennio, ho gradito particolarmente “Amor Real”, “Pasión de gavilanes”, “Pasión”, “Rubí”, “Piel de otoño” e “Amor en custodia”. Ho intenzione di trattare tali novelas singolarmente, in seguito: questa voleva solo essere una panoramica generale sulla serialità in lingua spagnola che, aggiungo, sempre grazie alle nuove tecnologie, posso finalmente godermi in lingua originale.

Il fenomeno “Roque Santeiro”

Da tempo desideravo vedere “Roque Santeiro”, un cult della teledramaturgia brasileira, e finalmente ci sto riuscendo: il canale Viva l’ha appena riproposta in Brasile, così ha ripreso a circolare in rete in buona qualità ed io ne sto approfittando.

“Roque Santeiro” è una novela di Dias Gomes e Aguinaldo Silva, diretta da Paulo Ubiratan, Jayme Monjardim, Gonzaga Blota e Marcos Paulo; fu  trasmessa da Rede Globo dal giugno 1985 al febbraio 1986 e replicata tre volte da allora; ebbe un successo incredibile sia di pubblico che di critica e  uno share medio del 63% , che in alcune puntate, tra cui quella finale, si avvicinò  al 100%, evento più unico che raro.

In Italia non è mai arrivata, anche se il sito di Antonio Genna la riporta tra l’elenco di quelle doppiate e trasmesse da reti locali: per quanto mi risulta, ne parlarono solo in uno speciale della Rai, dell’epoca, ma non andò mai in onda da nessuna parte nel nostro paese.

Viene ricordata ancora oggi come una delle migliori produzioni Globo: ne fecero un libro ed un album di figurine, fu esportata in vari paesi del mondo e in Angola il successo fu tale che chiamarono un mercato con il suo nome. Regina Duarte come Dona Porcina conquistò tutti e da “Namoradinha do Brasil”, come era stata chiamata fino a quel momento, divenne “Amante Nacional” e il suo vistoso look divenne di moda tra le donne brasiliane.

Dias Gomez aveva già provato a portare sullo schermo questa storia, tratta dalla sua opera teatrale “O berço do herói”, nel 1975, in piena dittatura militare, ma prima del debutto era arrivata la censura, sembra in seguito ad una telefonata di Gomez, intercettata dai militari; solo dieci anni dopo, sotto il governo democratico di José Sarney, la trama ebbe la possibilità di essere rappresentata in televisione. La domanda che Dias Gomez si poneva con questo suo lavoro era: “Come nasce e perché esiste il mito?”

Si trattava dunque di una satira sociale, di un ritratto del Brasile in forma allegorica, col quale l’autore voleva criticare l’eccessiva oppressione delle istituzioni sociali, politiche e religiose sui cittadini, e rappresentare, attraverso le vicende quotidiane dei personaggi della fittizia città di Asa Branca, lo spirito di un popolo con i suoi molteplici aspetti: il mito, la religiosità, la società rurale, il progresso, la libertà sessuale, il grottesco, la bizzarria, lo spirito carnevalesco.

Sono solo all’inizio della visione, tuttavia da subito sono rimasta colpita dalla genialità della sceneggiatura, dalla bravura degli attori e dall’originalità della trama.Vediamo dunque di cosa parla questa singolare produzione.

Luiz Roque Duarte, detto Roque Santeiro (José Wilker), è  ritenuto un santo dagli abitanti di Asa Branca: molto abile nel modellare i santi (da qui il suo soprannome), si dice che sia morto nel difendere la città dall’attacco del bandito Navalhada e che grazie a lui sia guarita una ragazza in punto di morte. Da ben diciassette anni la città prospera sfruttando i racconti delle imprese eroiche  legate alla sua figura: la storia comincia infatti mostrando  l’inaugurazione della statua a lui dedicata, mentre una troupe cinematografica arriva in città, pronta a girare un film su questa leggendaria figura.

Presto si scopre, però, che Roque non è affatto morto e che non ha mai compiuto alcun miracolo: ciò sconvolgerà la vita di vari personaggi, in un modo o nell’altro legati a lui e al suo mito, come  il ricco fazendeiro Sinhozinho Malta, che vive una storia d’amore con la finta vedova di Roque, l’esuberante Porcina, il commerciante Zé das Medalhas, che ne vende i souvenirs ai numerosi turisti, il sindaco Florindo Abelha, padre della vera fidanzata di Roque, Mocinha, che non si è mai rassegnata alla sua perdita, il parroco della città, Padre Hipólito, e tanti altri bizzarri personaggi. Nonostante la verità venga a poco a poco a galla, si dimostrerà, alla fine, che “il mito è più forte della realtà”.

Fino ad ora i miei preferiti sono i personaggi di Sinhozinho Malta e Viuva Porcina: lui, col suo tormentone ”Tô certo ou tô errado?”, con l’atteggiamento da dominatore intransigente in pubblico ma remissivo e servizievole in privato, davanti alla sua sua donna (per la quale si trasforma anche in fedele cagnolino), con le sue parrucche e le battute irresistibili ( ”Aqui se morre muito e com muita facilidade …” :D), mi sta regalando momenti di puro divertimento. Lei, con il suo look chiassoso, a base di turbanti, lustrini e colori accesi, le sue urla  (il famoso “Minaaaaaa!”), la gestualità, il modo di fare, è altrettanto irresistibile.

Perfetti anche Ary Fontoura, che è il sindaco della città, Florindo Abelha, uomo debole e insicuro, ed Eloísa Mafalda, la sua risoluta moglie Pombinha. Ho ritrovato con piacere anche due attori da me apprezzati negli anni ottanta, e che che in seguito abbandonarono le novelas, come  Fábio Júnior, nei panni dell’irresponsabile e donnaiolo Roberto Mathias, l’attore che nel film dovrebbe interpretare Roque, e Lídia Brondi , che ricopre il ruolo di Tânia , figlia ribelle di Sinhozinho Malta (nelle prime puntate la vediamo leggere “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, un must di quegli anni).

Da sottolineare anche la famosa abertura, realizzata dal designer Hans Donner, e la colonna sonora, il cui primo volume vendette più di mezzo milione di copie nei primi tre mesi.

Consigliato a chi ama le storie di un certo spessore e apprezza l’ironia. Sconsigliato a chi si aspetta la classica vicenda amorosa con toni da fiaba.

“Loving”: primi ricordi

Eccomi dunque ad iniziare questo viaggio a ritroso nel tempo, per ricordare il lungo periodo in cui “Loving” mi ha fatto compagnia: farò appello alla mia memoria, alle informazioni trovate in rete e ad alcune riviste conservate in questi anni. Partiamo con alcune considerazioni generali e con un breve resoconto della prima annata di programmazione.

“Quando si ama” in patria, escludendo i primissimi anni in cui aveva una posizione incoraggiante nella classifica degli ascolti, dalla fine degli anni ottanta in poi condivise quasi sempre  l’ultimo posto con “Santa Barbara”. Da noi invece si rivelò in breve tempo un grande successo, soprattutto nei primi tre anni di trasmissione, che corrispondevano a sei stagioni americane, in quanto, inizialmente, da noi venivano trasmesse due puntate accorpate in un unico episodio giornaliero.

Un’immagine tratta da “Telesette”

L’entusiasmo del pubblico italiano fu tale che culminò con la vincita del Telegatto del 1989 e con la scelta della produzione di girare alcuni episodi a Roma. Partita negli USA nel 1983, acquistata dall’Italia, come rivelò in seguito Claudio G. Fava, “a scatola chiusa”, prima ancora che venisse prodotta, apparve su Raidue nel 1986: per quanto mi riguarda, fui subito attratta dalle atmosfere che mi ricordavano l’America di “Dallas” e “Dynasty”, con una famiglia ricca al centro della vicenda e una serie di intrighi, amori e misteri a complicare le vite dei suoi membri.

Uno dei personaggi che catturò la mia attenzione nei primissimi episodi fu il bel Jack Forbes, atletico, giudizioso, l’orgoglio dei genitori, del quale ricordo una scena in giardino, davanti ad un laghetto, se la memoria non mi inganna, mentre si avvicinava a Lily Slater, una bionda studentessa con l’ambizione di diventare pianista, con modi affabili e parole gentili, e già si intuiva che sarebbe nata tra i due una storia romantica e tormentata.

Jack e Lily

E mi incuriosì la sorella di Jack, Lorna Forbes, bella e sofisticata, dalla lingua tagliente, gelosa della reputazione di “figlio perfetto” del fratello e infatuata del suo professore, Doug Donovan, appartenente invece ad una modesta famiglia di origine irlandese.

Avertii inoltre un’immediata simpatia per la coppia di veterani Wesley Addy e Augusta Dabney nei panni di Cabot, il patriarca della famiglia, e della sua devota moglie Isabelle, ed ammirai la sensibile Ann Forbes, interpretata all’epoca dall’ affascinante e talentuosa Shannon Eubanks, che seppe mostrare in maniera credibile le insicurezze e la fragilità di una moglie trascurata dal marito e le preoccupazioni per i figli.

Ann e Roger Forbes

Cabot e Isabelle

Il nucleo giovane della soap: Lily, Jack, Stacey, Curtis, Lorna.

Ho trovato in rete alcune recensioni sul pilot e sulla prima annata di “Loving”: al suo debutto grandi erano le aspettative, vista la fama della creatrice della soap, Agnes Nixon, già artefice di successi quali “One life to live” e “All my children”, e del suo collaboratore Douglas Marland, altrettanto noto per aver dato vita a personaggi e storie memorabili in “General Hospital” (a lui si deve la leggendaria coppia Luke & Laura, che negli anni ottanta diede origine al fenomeno delle “supercouples”) , “Guiding Light” ed “As the world turns”.

Il pilot venne recensito sul new York Times da John J. O’Connor, il 29 giugno 1983: si criticò la ripetitività di alcune situazioni tipiche da soap, si ritenne debole la vicenda dell’omicidio di Johnny Forbes, legata ad un giro di prostituzione alla Alden University, tuttavia venne lodato il cast di attori di indubbio valore ed esperienza (Lloyd Bridges e Geraldine Page, ad esempio) e, tra i volti più giovani, destò interesse Patricia Kalember nei panni della giornalista Merril Vochek, coinvolta, tra mille scrupoli, in una storia d’amore con Roger Forbes,marito di Ann.

La videocassetta del pilot

E tutta la prima annata ebbe lusinghiere critiche sulla rivista specializzata “Soap Opera Digest”: nel 1984, ad esempio, dopo oltre un anno dal debutto, John Kelly Genovese ne fece un bilancio positivo lodando la performance della Dabney, di Addy e dei due giovani emergenti Susan Walters e Perry Stephens, nonchè la creatività mostrata dagli autori.

Si ritenne coraggioso l’aver introdotto il tema dell’incesto nel dramma di Lily Slater, vittima degli abusi di suo padre, e della conseguente doppia personalità che lei sviluppava in seguito al trauma subito; allo stesso modo risultava ben delineato il personaggio del reduce della guerra del Vietnam, Mike Donovan, in preda ad incubi ed allucinazioni, che rifiutava di farsi aiutare  e metteva in questo modo in crisi il suo matrimonio con Noreeen.

E si dava fiducia alla situazione conflittuale che iniziava a delinearsi all’orizzonte: il dilemma di Padre Jim Vochek (Peter Davies), un prete che ritrovava in Shana Sloane (Susan Keith), figlia illegittima di Cabot, la sua fiamma giovanile e che iniziava a sentirsi combattuto tar la sua sincera vocazione e il legame ancora forte con la donna tanto amata in passato.

Jim e Shana

Ci si rammaricava infine  per l’uscita di scena della Kalember, di Jennifer Ashe (Lily), di Ann Williams (June, madre di Lily) e della Eubanks e si concludeva affermando che le premesse per futuri sviluppi interessanti c’erano senz’altro, citando come esempio il triangolo, appena formatosi, Lorna-Tony-Stacey.

Posso senz’altro affermare che le vicenda che più mi coinvolse in quel primo periodo fu la tragica esperienza di Lily: all’inizio le note romantiche del suo incontro con Jack, la nascita dell’amore, l’esagerata riservatezza di lei, che faceva supporre l’esistenza di terribili segreti, poi pian piano la scoperta della verità, la determinazione di Jack nel voler aiutare la ragazza, l’assassinio di Garth, il processo contro Jack, ingiustamente accusato dell’omicidio, e soprattutto la manifestazione della seconda personalità di Lily, disinibita e manipolatrice, che creava scompigli in chi la conosceva.

Con l’allontanamento di Lily terminava una storyline che mi aveva tenuta incollata allo schermo, ma arrivavano nuovi intrighi e misteri, che non mi avrebbero fatto mancare momenti di tensione ed emozioni forti: mi riferisco in particolare agli sconvolgimenti provocati a Corinto subito dopo dal diabolico Jonathan, personaggio che diede un tocco horror alla soap, del quale parlerò prossimamente.

Febbre da soap

Di nuovo uno sguardo al passato, ma torniamo alla serialità made in USA: il periodo in questione è la metà degli  anni ottanta, quando sulle nostre reti imperversavano diverse soap operas americane.

“Capitol” , “Sentieri”(“Guiding Light”), “General Hospital” erano quelle che maggiormente sentivo nominare dalle mie amiche, fedeli telespettatrici, ma ben più ampia era l’offerta delle nostre reti in quel periodo, che comprendeva infatti anche “La valle dei pini” (“All My Children”),”Aspettando il domani” (“Search for Tomorrow”), “Così gira il mondo” (“As the World Turns”) “Febbre d’amore” (“The Young and the Restless”), “Destini” (“Another World”) e “Il tempo della nostra vita” (“Days of our Lives).

Per molto tempo io evitai questo tipo di prodotti, limitandomi a dare un’occhiata ogni tanto: quello che  non mi attraeva era il fatto che  fossero storie di durata indefinita, al contrario  degli sceneggiati che tanto avevo amato fin da bambina  o delle telenovelas brasiliane che avevo seguito con passione, in attesa di quel finale che decideva il destino dei vari personaggi, per cui non avevo intenzione di essere risucchiata nel vortice delle “storie senza fine”.

Poi, però, accadde qualcosa che inesorabilmente mi fece precipitare in quel mondo: tutto nacque da un trafiletto apparso su “Sorrisi e canzoni” nel lontano 1986, in cui si parlava di una nuova serie che partiva su Rai Due,”Quando si ama” in 260 puntate (diceva proprio così, ho ritrovato il ritaglio in questione, che riporto qui in sotto)…ecco, quel “260 puntate” mi spinse a credere che fosse un prodotto finito, così provai a vedere l’episodio pilota, che mi colpì favorevolmente, e nei giorni successivi le puntate giornaliere.

In breve mi appassionai alle movimentate vicende che nascevano all’interno della  lussuosa villa Alden, nella città universitaria di Corinto, nonostante col passare dei mesi mi fossi resa conto che si trattava proprio di quel genere di prodotti che avevo sempre cercato di ignorare…Da quelle prime puntate, viste in compagnia di  mio padre, fu tutto un cercare notizie, fare corse incredibili per non perdere l’appuntamento quotidiano, commentare con le amiche, scoprire anticipazioni da persone che vivevano negli USA, tentare di reperire giornali americani specializzati, poi, in seguito, disperarsi per la brusca interruzione e per il lungo silenzio, gioire per la ripresa, due anni dopo, e infine assistere all’agonia degli ultimi anni, fino alla puntata finale, dopo oltre dieci anni dal primo contatto con la saga degli Alden e dei Donovan.

L’entusiasmo per “Quando si ama” mi ha portato ad entrare in contatto con l’allora vasto mondo delle soap del daytime americano (sedici titoli in produzione contemporaneamente negli anni ottanta, attualmente ridotti a soli quattro) anche perché spesso vi era un passaggio di attori da una serie all’altra e, in qualche caso, anche dei personaggi, con l’espediente del “cross-over”: sono quindi stata telespettatrice, anche se non assidua, di “Capitol”, “Sentieri” ,”Febbre d’amore” ,”Santa Barbara” e “Beautiful” (The Bold & the Beautiful”), e sporadicamente ho visto qualche puntata anche delle altre arrivate da noi.

Negli anni novanta la loro presenza sulle nostre reti si è pian piano ridotta, fino ad arrivare alla desolante situazione di oggi,  che vede la sola “Beautiful” in una posizione privilegiata, con ascolti ancora buoni da noi e ottimi in patria, mentre l’altra superstite, “Sentieri”,  da diversi anni usata come “tappabuchi” e trasmessa in micropuntate di durata variabile (a volte anche meno di dieci minuti!), sembra destinata alla soppressione, in quanto si vocifera che le ultime puntate di questa soap storica, terminata negli Usa qualche mese fa, non siano state  acquistate.

Per fortuna grazie ad Internet è tuttora possibile non solo seguire, in lingua originale, quelle attualmente in programmazione negli USA (cosa che ogni tanto faccio), ma anche ricordare quelle ormai concluse, attraverso filmati, immagini, articoli di giornale, siti sull’argomento e altro materiale facilmente reperibile in rete.

Io stessa ho conservato alcuni ritagli di giornale, soprattutto riguardanti “Quando si ama” e alcuni numeri di riviste americane specializzate nel settore (“Soap Opera Digest” e “Soap Opera Weekly”) acquistati in occasione di due viaggi negli USA che ebbi la fortuna di fare all’inizio degli anni novanta.

Vorrei quindi ripercorrere le alterne vicende della mia soap preferita, sia da noi che in patria, attraverso i miei ricordi e i documenti a disposizione, omaggiare gli attori, i personaggi e le storylines che maggiormente mi hanno emozionato, con  incursioni anche nel terreno delle altre note soap che, seppure in misura minore, mi hanno fatto compagnia per tanti anni.

Elogio della vita bucolica: “Cabocla” di Benedito Ruy Barbosa

Proseguendo con la carrellata dei ricordi targati Rede Globo, dopo i quattro capolavori già menzionati (“La schiava Isaura” “Dancin’days” “Agua Viva” e “Ciranda de Pedra”) vorrei soffermarmi su un’altra trama che in quel periodo gradii molto per la sua genuinità e delicatezza: mi riferisco a “Cabocla” (termine col quale si indicano in Brasile i meticci, nati dall’unione tra bianchi e indios) novela del 1979, da noi  tradotta col titolo di  “Fiore Selvaggio”. E’ una produzione di Benedito Ruy Barbosa, autore che, come ho già detto, non sempre incontra le mie simpatie, ma che a volte mi sorprende piacevolmente, come in questo caso o come fece successivamente con l’ambiziosa “Pantanal”.

La vicenda è ispirata al romanzo di Ribeiro Couto e rappresenta la seconda trasposizione dell’opera sullo schermo. Il ruolo di protagonista venne affidato all’allora giovanissima Gloria Pires, reduce dal successo di “Dancin’days”, e accanto a lei vollero il bel Fabio Junior: l’affiatamento tra i due fu tale che nacque una vera storia d’amore, sugellata presto da un matrimonio e dalla nascita, nel 1982, di Cleo Pires, attualmente anche lei attrice per la Globo.

La coppia da quel momento apparve più volte sui giornali, sia per il loro lavoro che per la loro vicenda privata.

La vicenda di “Cabocla” era ambientata nei primi anni del novecento a Vila Da Mata, nello stato Espirito Santo, nel sud-est del Brasile: qui, nella fazenda del suo padrino, il colonnello Boanerges, viveva la giovane e semplice Zuca, fidanzata del contadino Tobias, ragazzo piuttosto rude e geloso.

Un giorno alla fazenda arrivava da Rio il cugino di Boenerges, Luis Jeronimo, malato di tubercolosi, al quale il medico aveva suggerito di trasferirsi in campagna per beneficiare dell’aria salubre. Luis, un avvocato bohemien, abituato a vivere nel lusso,tra donne esuberanti e divertimenti sfrenati, rimaneva incantato dalla sensualità naturale di Zuca, che a sua volta si innamorava perdutamente di lui.

La loro storia d’amore trovava numerosi ostacoli: le differenze sociali, la malattia di Luis, Tobias che non aveva nessuna intenzione di perdere Zuca e in seguito l’arrivo di Pepa, la donna con cui Luis aveva avuto una relazione in città.

Mentre i due giovani affrontavano tali difficoltà, nel paese si svolgeva la lotta politica tra Boanerges e il suo rivale, il colonnello Justino, aggravata dal fatto che i loro figli, Neco e Belinha, si erano nel frattempo innamorati.

Nel finale  i contrasti venivano sanati, e c’era un lieto fine per tutti, dopo una lunga serie di appassionanti momenti drammatici, commoventi, romantici, intervallati dai siparietti comici  delle dispute tra i due colonnelli e degli sforzi dei loro familiari per placare gli animi.

La novela ebbe in Brasile un grande successo: molto gradita risultò la storia tra Neco e Belinha, tanto che ad un certo punto divenne più seguita di quella tra i due personaggi principali.

Nel 2004 la Globo ha realizzato un remake della novela, molto fedele all’originale in quanto opera delle figlie di Ruy Barbosa, e il successo si è ripetuto.

In Italia arrivò nel 1984 e beneficiò della fama già acquisita dalla Pires e da Fabio Junior, ma anche da noi molti amarono in modo particolare  il burrascoso leagme tra Neco (Kadu Moliterno) e Belinha (Simone Carvalho).

Per quel poco che posso ricordare, essendo passati tanti anni dalla visione,, l’abilità di Ruy Barbosa fu quella di saper dipingere alla perfezione il quadro sociale dell’epoca, mostrando il contrasto tra la vita della nobiltà carioca e quella del popolo di una cittadina di campagna dell’interno. Era evidente l’amore dell’autore per la terra, per la natura, nella quale vedeva incarnati la passione, la forza, la sanità fisica ma anche il benessere spirituale, temi che riprenderà in futoro in “Pantanal”, arricchendoli di ulteriore simbologia.

Della vita politica dell’epoca si mostravano le pratiche scorrette, le questioni burocratiche, le liti sulle proprietà terriere, lo svolgimento delle campagne elettorali, l’importanza del voto esercitato in maniera consapevole, attraverso l’informazione e non la sopraffazione; inoltre, nell’ultima puntata si parlava dell’estensione del diritto di voto a tutta la popolazione.

Ecco quindi che la novela non si riduceva ad un semplice intreccio amoroso, ma permetteva di entrare in un determinato luogo, in un’epoca del passato e di conoscerne le caratteristiche e Ruy Barbosa in questo è maestro (“Sinha Moça”, da noi “La padroncina” ne è un altro esempio). Il motivo per cui molte volte non mi appassiono alle storie di questo autore è che spesso perde di vista questa sua capacità e si lascia trasportare solo dal lato romantico della storia, perdendosi in un vortice di coppie che si creano poi si disintegrano : è il caso di “Terra nostra”, dove, nonostante le premesse iniziali, ho trovato ben poco di interessante.

A me non è più capitato di vedere questa prima versione di “Cabocla”, ne auspicherei una replica, magari in uno dei tanti canali del digitale dedicati al “vintage”, ma avrei anche voglia di dare  un’occhiata a quella più recente, data anche la presenza di attori del calibro di Tony Ramos e Patricia Pillar. Inoltre il ruolo di Belinha è interpretato da Regiane Alves, visibile attualmente in  “Paginas da vida”, su Lady Channel, un’attrice che fino ad ora ho sempre apprezzato e che ritengo perfetta per incarnare quel personaggio.

Ho cercato su You tube qualche filmato per ricordare questa piacevolissima storia:

SIGLA ITALIANA, VERSIONE STRUMENTALE DI QUELLA ORIGINALE

ABERTURA BRASILIANA : “MAGOAS DE CABOCLO ” – Nelson Gonçalves

IL PROGRAMMA “VIDEO SHOW” RICORDA LA NOVELA:

Che fine ha fatto “Ciranda de pedra”?

Quando si pensa alle telenovelas Globo arrivate in Italia negli anni ottanta, i tre nomi che tutti ricordano sono “La schiava Isaura”, “Dancin’days” e “Ciranda de pedra”. Se le prime due le abbiamo viste circolare su varie reti locali in questi anni (e Lady Channel, del gruppo Sky, ha anche riproposto Dancin’days recentemente), la terza sembra sparita nel nulla, e non solo per quanto riguarda l’Italia.

In Brasile,per tutto il 2011, in base a quanto ho letto in rete,  molti hanno sperato in una replica, dal momento che ricorreva il trentennale della prima messa in onda, e visto anche che la neonata rete a pagamento Viva stava e sta tuttora  riproponendo i vecchi successi della teledrammaturgia brasiliana.

Purtroppo ciò non è avvenuto: la novela fu riproposta in patria un’unica volta, solo nel lontano 1983.

In Italia arrivò su Retequattro (gestione Mondadori, era pre-berlusconiana) alla fine del 1982 e terminò nel giugno 1983, fu replicata col titolo de “La fontana di pietra” un paio di anni dopo, ma da allora non se ne ebbe più sentore.

Inoltre, contrariamente a tante altre vecchie novelas, nessuno nel web sembra possedere le vecchie registrazioni, quindi per i nostalgici non resta che qualche brevissimo video su you tube.

La novela è ancora oggi ricordata per l’accurata ricostruzione della  São Paulo degli anni quaranta: io la vidi da ragazzina, e di certo all’epoca ero più colpita dalla trama e dai personaggi, ma sarei curiosa di rivederla ora  per soffermarmi  sulla scenografia, sulla sceneggiatura e sui costumi.

“Ciranda de pedra” era basata sull’omonimo romanzo di Lygia Fagundes Telles, del 1954, che affrontava temi come la morte, il tradimento, la separazione, l’omosessualità, il tutto visto attraverso gli occhi della giovane Virginia che, nel corso di  un doloroso processo, vedeva le sue fantasie adolescenziali infrangersi contro il rifiuto della sua famiglia. Il titolo, quel girotondo di nani di pietra,  simboleggiava infatti la famiglia di Virginia, un circolo chiuso nel quale a lei inizialmente era proibito entrare; quando, in seguito, riusciva finalmente a farne parte, grande era la sua delusione nello scoprire  che i componenti erano come quei  nani mostruosi, duri e freddi.

Il romanzo venne adattato per la televisione da Teixeira Filho e diretto da Reynaldo Boury e Wolf Maya. Nei ruoli principali c’erano attori di prim’ordine: Lucelia Santos (Virginia), Eva Wilma (Laura), Armando Bogus (Daniel), Adriano Reys (Natercio), Norma Blum (la governante Frau Herta), Priscila Camargo (Otavia), Silvia Salgado (Bruna) Edson Celulari (Sergio).

             

Uno di essi, Adriano Reys, è mancato lo scorso novembre,all’età di 77 anni,  a causa di un tumore al fegato: aveva iniziato a recitare negli anni cinquanta e lo aveva fatto incessantemente, sia in televisione che al cinema, fino al 2009.Lo avevamo visto in Italia anche in Happy End (Final Feliz), Giungla di cemento (Selva da pedra),  Atto d’amore (Barriga di aluguel).

                

La novela raccontava le conseguenze della dolorosa separazione tra il ricco avvocato Natercio Prado e la moglie Laura, pittrice di idee moderne. Lui, tradizionalista e autoritario, col suo atteggiamento l’aveva ossessionata per molto tempo, procurandole delle crisi nervose, per le quali  l’aveva fatta internare. Successivamente, la donna era andata a vivere in casa del suo medico, il dottor Daniel, nel modesto quartiere di Villa Mariana,portando anche la figlia minore, Virginia. Con Natercio, nella lussuosa villa, erano invece rimaste le altre due figlie, Bruna e Otavia.

Al compimento della maggiore età Virginia, piena di illusioni ma anche di paure, tornava a vivere con le sue sorelle e il padre, tentando invano di stabilire un rapporto con i suoi familiari,ma incontrava molte difficoltà nell’adattarsi al nuovo ambiente , anche a causa dell’ostilità della terribile governante Frau Herta. Nel frattempo, a poco a poco venivano fuori tutte le verità sul suo passato, tra cui la scoperta di essere figlia del dottor Daniel…

Indimenticabili, nella mia memoria, le scene della follia di Laura, la freddezza di Natercio, la rigidità di Frau Herta, l’instabilità di Otavia, l’espressione triste  di Virginia, le immagini del giardino della famiglia Prado con la fontana e il girotondo dei nani…

In Italia la sigla era “Fumo negli occhi”, cantata da Gianni Morandi, mentre l’abertura originale si chiamava “Céu cor-de-rosa”, eseguita dal Quarteto em Cy.

Eccole entrambe, prese da You Tube:

Nel 2008 è stata realizzata un’altra versione di “Ciranda de pedra”, ma non ha avuto il successo sperato e, per quello che ho visto, non c’è paragone con quella del 1981: il ruolo di Virginia è diventato secondario e in primo piano si è voluta porre la storia d’amore tra Laura e Daniel, snaturando così  la storia originale. Inoltre l’attrice scelta per il ruolo di Laura, la pur brava Ana Paula Arosio, era decisamente troppo giovane rispetto al personaggio (idem si dica per Marcello Antony come Daniel), mentre Tammy Di Calafiore alquanto scialba nei panni di Virginia.

E, in attesa che qualcuno soddisfi il desiderio di tanti di riavere la “Ciranda” targata 1981  sui nostri schermi, rinfreschiamoci la memoria con una chamada e una scena di Virginia con la sua mitica retina azzurra in testa. 🙂

Le produzioni Globo stanno tornando in Italia?

La notizia dell’acquisto di una telenovela recente, “Paginas da vida”, targata Rede Globo,da parte dell’Italia, girava già da qualche anno: si parlava  di Rai Due in un vecchio articolo in portoghese apparso in rete, ma nelle pagine nostrane non se ne trovava traccia,  nessun rifermento negli annunci dei palinsesti Rai… insomma il tempo passava e io stessa non ci credevo più.

E invece quest’anno finalmente è arrivata la conferma e una versione doppiata delle novela, “Pagine di vita”, è approdata, cosa insolita, prima su un’emittente regionale, Antenna Sicilia, poi, da due settimane, su Lady Channel, canale dedicato esclusivamente al genere telenovelas.

Vorrei intanto parlare un po’ di questa rete televisiva, che ultimamente ha sorpreso anche i più schizzinosi, in quanto sta avendo un notevole riscontro di pubblico, tanto da essere ormai citata anche nei giornali più accreditati e non solo in rete tra i nostalgici del genere e i curiosi delle novità del mondo televisivo sudamericano.

Nato nel 2007, questo canale inizialmente si poteva vedere gratuitamente, sul satellite, e si limitava alla replica delle telenovelas trasmesse negli anni ottanta e novanta in Italia, quelle che avevano decretato il successo di veri e propri idoli del pubblico di ogni parte del mondo quali Edoardo Palomo, Veronica Castro, Grecia Colmenares,Jorge Martinez, Luisa Kuliok, Osvaldo Laport, Andrea Del Boca e così via.

Tante erano le richieste all’emittente di poter rivedere le storie più amate ma anche di trasmettere le nuove produzioni che Lady Channel ha pensato bene di incominciare ad inserire qualche titolo inedito e di entrare a far parte del gruppo Sky: in questo modo da un paio di anni  non è più una rete gratuita ma ha avuto modo di portare sugli schermi italiani alcune delle novelas più viste degli ultimi anni, come il fenomeno argentino “Padre Coraje”, che ha reso noto anche in Italia l’attore Facundo Arana, e “Cuidado con el angel” con un altro belloccio, William Levy, che subito si è conquistato una schiera di fans.

Dati i notevoli costi del doppiaggio, la maggior parte dei titoli è stata trasmessa in lingua originale, con i sottotitoli in italiano, ed è diventata un progetto, a mio avviso molto interessante, ma rischioso,chiamato “Lady en español”: in Italia sappiamo che esiste una innata pigrizia che ci impedisce di avvicinarci alle lingue straniere, inoltre siamo da sempre abituati ad un buon doppiaggio, però mi aspettavo maggiore entusiasmo da parte di un pubblico che da tanto richiedeva nuove telenovelas.

Intendiamoci, i riscontri sono buoni, ma c’è chi ancora, pur essendo fedele telespettatore di Lady Channel, preferisce evitare le telenovelas in lingua. Nelle  pagine dedicate all’argomento su Facebook o altri spazi in rete, insieme ai commenti positivi di chi apprezza il fatto di vedere le storie con le voci vere degli attori e di poter imparare una lingua divertendosi,  leggo infatti, con grande stupore, richieste di poter avere solo prodotti doppiati, nonché proteste, lamentele di chi neppure tenta l’esperimento, di chi continua a dire che “non si capisce niente”.

Se posso capire un tale atteggiamento da parte di persone anziane e prive di strumenti culturali, lo trovo incomprensibile da parte di un pubblico più giovane, più istruito, abituato a viaggiare e immerso nel mondo della comunicazione e della globalizzazione, ma voglio sperare che sia solo una questione di tempo e di abitudine e  che, magari, grazie anche al proliferare delle offerte televisive, sempre più persone potranno aprirsi verso il nuovo.

Attualmente dunque sono in onda su Lady Channel ben tre recenti telenovelas: “Sortilegio”, di Televisa, con il bel William Levy, “099 Central”, argentina, con la coppia di Padre Coraje, Facundo Arana e Nancy Duplàa, entrambe in lingua originale, e “Pagine di vita”, nella versione internazionale, quindi ridotta, e doppiata in italiano.

Ebbene, “Pagine di vita” ha esordito piazzandosi al primo posto della classifica: naturalmente questo risultato, per i motivi che ho detto sopra, è proprio dovuto al fatto che è in lingua italiana, quindi ha attratto più pubblico rispetto alle altre due (anche perchè, se già c’è resistenza verso lo spagnolo, figuriamociverso il portoghese… sottotitolata l’avrebbero vista quattro gatti :D) ma  potrebbe preludere ad un arrivo di altri prodotti targati Globo, cosa sulla quale ho già interrogato Lady Channel.

Per ora non si sbilanciano, ma hanno fatto capire che se Paginas continuasse ad andare bene, la possibilità di vedere altri titoli potrebbe diventare realtà; ho suggerito e continuerò a suggerire altri titoli, “O Clone ” in primis, ma anche “Laços de familia”, “Paraiso Tropical”, “Celebridade” “Belissima” e “Mulheres Apaixonads”, che possono contare su attori già noti al pubblico italiano come Tony Ramos, Fernanda Montenegro, Gloria Pires,Vera Fischer, Malu Mader, Claudia Abreu.

A quel punto poi il pubblico inizierebbe a scoprire anche altri talenti e si aprirebbe la strada ad ulteriori lavori recenti, ma intanto stiamo a vedere se si manterrà vivo fino alla fine l’interesse per “Pagine di vita”.

Ironia e baci da Miguel Falabella

Da poco più di due settimane è iniziata la nuova novela delle sette su Rede Globo,”Aquele beijo”, di Miguel Falabella.

Come sempre faccio, ho guardato la prima puntata, ma solo per curiosità, visto che la novela di genere comico non è tra le mie preferite e che, tra gli attori, l’unico nome che poteva attrarmi era quello di Giovanna Antonelli; aggiungiamoci pure che di Falabella non avevo visto nulla, tranne  qualche scena della sua precedente e poco fortunata “Negocio da China”, per cui non mi aspettavo nulla di particolarmente interessante.

Invece devo confessare che è stata una piacevole scoperta: l’umorismo di Falabella, che si diverte a parodiare le situazioni classiche delle telenovelas, in particolare quelle messicane, la satira sociale, che si manifesta con battute e situazioni “politicamente scorrette”, i richiami alla commedia romantica hollywoodiana (l’incontro fortuito tra i due protagonisti mi ha fatto venire in mente “Un giorno per caso” con Clooney e la Pfeiffer) e la voce fuori campo dello stesso autore, che commenta la storia d’amore principale, creano un prodotto gradevole, divertente, un appuntamento di puro relax, tanto che dopo due settimane posso già definirmi “viciada”.

La storia racconta di come una serie di circostanze fortuite ci fa incontrare il grande amore della nostra vita e di come tutto inizia a partire da aquele beijo: nel caso dei due protagonisti, Claudia e Vicente, il bacio è quello che si scambiano a Cartagena, dopo una festa di  matrimonio, entrambi brilli,  delusi dalle rispettive relazioni.

“Um beijo muda tudo!” ci dice Falabella, ed ecco che Claudia e Vicente, tornati a Rio De Janeiro alle loro vite di sempre, non sono più gli stessi, non fanno altro che pensare a quel momento e, anche se Claudia sembra aver risolto le sue divergenze col fidanzato Rubinho, che ora le ha chiesto di sposarla, cosa che lei desidera da tempo, il destino li fa incontrare più volte e ogni volta tutti e due appaiono turbati…

Giovanna Antonelli (Claudia) e Ricardo Pereira (Vicente)

Lo stesso accade ad Alberto, marito della megera di turno Dona Maruschka: tutto inizia quando lui pensa di costruire un altro dei suoi numerosi negozi di lusso in un terreno che, pur appartenendo alla sua famiglia, da anni è occupato da una comunità di gente semplice, come la studentessa di giurisprudenza Sarita, per la quale il maturo uomo sente subito una grande attrazione e che sembra corrisponderlo, tanto che, nonostante lui sia il nemico da combattere, scatta presto il famoso bacio.

E “aquele beijo” è anche quello che il pegador Agenor ruba all’ingenua Belezinha, aspirante Miss Brasil non per suo volere ma per l’ossessione di sua madre, che vorrebbe con quel titolo soddisfare le aspirazioni che lei stessa aveva da giovane.

Molti personaggi sono un chiaro omaggio al tipico feuilleton messicano.

C’è Mirta, interpretata da Jacqueline Laurence (la Solange di “Dancin’days”) che sfoggia una benda sull’occhio, di colore sempre intonato all’abito, come la leggendaria Catalina de “La tana dei lupi”, classico degli anni ’80: interrogata dalla figlia sul perchè di tale bizzarria, risponde “Per come va il mondo oggi, preferisco guradarlo con un occhio solo!

Jacqueline Laurence (Mirta)    Maria Rubio (Catalina) in “Cuna de lobos”

                                  

C’è la veggente ciarlatana, che dichiara di convivere con un’entità spirituale, tale “Hermanita”, che le si è manifestata anni prima, dopo un incidente tragico avvenuto mentre tutta la famiglia stava guardando una novela messicana.

E c’è la donna che, per sfuggire alla povertà, assume l’identità di una sua compaesana, Damiana, e viene accolta dalla famiglia del fratello che, ritrovatala dopo tanti anni,intende riscattarla da una vita di miseria (tema de “La usurpadora” e simili).

Esilaranti i nomi affibbiati agli stravaganti personaggi della favela : Intima è  madre di Beleza, destinata  ad essere la più bella del Brasile; Ana Girafa è la parrucchiera, in realtà un travestito, fan di Lady Gaga; l’ambiziosa ragazza di colore della favela,  pronta a tutto per migliorare la sua posizione economica, si chiama Grace Kelly,mentre sua madre, ex prostituta divenuta in Francia contessa,è Deusa.

Molto divertenti sono il surreale Felizardo, padre di Agenor e proprietario di una piccola sartoria, interpretato da un bravissimo Diogo Vilela, la veggente Iara e il cugino Joselito, il quale la aiuta nelle sue sedute in quanto  è tra i due quello realmente dotato di poteri paranormali (sono i collaudati Claudia Jimenez e Bruno Garcia), la terribile Maruschka, un’ottima Marilia Pera, con le sue battute velenose che non risparmiano nessuno, superata in questo solo dalla madre, la già citata Jacqueline Laurence (“Mamma, sei tu che mi hai insegnato che il mondo è pieno di cose brutte.” “Sì, ma tu mi hai dimostrato che è anche peggiore di quello che io pensavo!!”).

Per i nostalgici delle novelas degli anni ’80, segnalo che l’interprete di Agenor è Fiuk, figlio di Fabio Junior, l’attore che ha fatto sognare tante adolescenti ai tempi di “Fiore selvaggio” e “Agua viva”: assomiglia  al padre e come lui canta ed ha molte ammiratrici, tuttavia come attore è ancora alle prime armi, vedremo se sarà altrettanto bravo.

Fiuk (Agenor) e  Bruna Marquezine (Belezinha)      

Fabio Junior in  “Agua viva” (1980)

Chi invece conferma il suo talento è Giovanna Antonelli, che ci regala un personaggio moderno, una giovane donna che lavora come architetto, sensibile, romantica ed autoironica: le sue scene con Ricardo Pereira sono coinvolgenti, la chimica tra i due sembra buona, credo che sarà una coppia eccellente.

Tra i due si inserirà la ex di lui, Grazi Massafera, ex concorrente del BBB (Grande Fratello brasiliano): lei non mi piace proprio, ma visto che qui è la rivale e sembra che da boazinha diventerà villana, mi divertirò ad odiarla.

Grazi Massafera (Lucena)                             

Marilia Pera (Maruschka) e Victor Pecoraro (Rubinho)

Da sottolineare anche la sigla, una versione moderna del classico “Garota de Ipanema” che viene accompagnata dalle immagini dei baci più famosi delle novelas Globo.

E devo dire che anche le altre canzoni della trilha sonora mi stanno piacendo, le trovo azzeccate alle situazioni e ai personaggi.

Dunque per ora, per quanto mi riguarda, “Aquele beijo” è nota 10!

“De corpo e alma”, scenario di una tragedia tristemente reale.

“De corpo e alma” è una novela di Gloria Perez, trasmessa da Rede Globo dall’agosto del ’92 al marzo del ’93, in 185 episodi.

Il tema principale della novela era la donazione di organi e l’inversione di ruoli tra uomo e donna .
Purtroppo, però, ben diverso fu il motivo per cui questa novela divenne argomento di interesse anche internazionale: durante le registrazioni l’attrice Daniella Perez, figlia dell’autrice della novela Gloria Perez, VENNE BRUTALMENTE ASSASSINATA dal collega che interpretava Bira, Guillerme De Padua (i due personaggi, Yasmin e Bira, nella novela avevano una storia) con la complicità della moglie di lui.


La tragedia avvenne il 28 dicembre 1992, di notte. Nei giorni successivi al crimine Gilberto Braga fu incaricato di portare avanti la vicenda, trovando una soluzione per l’assenza dei due personaggi: l’uscita di Yasmin dalla scena venne spiegata come viaggio di studio della ragazza, mentre Bira venne proprio cancellato dalla storia.
Dopo una settimana, pur straziata dal dolore, Gloria Perez riprese a lavorare e portò avanti la novela fino alla fine.
Daniela Perez aveva solo 23 anni, era una bella ragazza,amante della danza, sposata con un collega, Raul Gazolla (O Clone), e pare che la moglie di Guillerme De Padua, all’epoca incinta, fosse molto gelosa di lei: quella sera, terminate le riprese della telenovela, i due la raggiunsero mentre lei era ferma ad un distributore di benzina, la caricarono in macchina e, in un luogo isolato, in aperta campagna, la pugnalarono ripetutamente, fino ad ucciderla.

Dopo il fatto essi finsero  di essere preoccupati davanti alla famiglia  di lei, mentre erano in corso le ricerche che immediatamente portarono al ritrovamento del corpo. Da subito la polizia inziò a sospettare di loro, grazie ai testimoni e alla scoperta che Guillerme aveva falsificato la targa della sua auto.
I due prima negarono, poi confessarono accusandosi a vicenda e la conclusione fu che entrambi vennero processati e condannati a 19 anni di carcere, ma uscirono dopo 7 per buona condotta (nel frattempo si erano separati e lui risposato).
Gloria Perez da quel momento, con grande coraggio, oltre a lavorare incessantemente, perfezionandosi nella sua professione e ottenendo riconoscimenti  in più paesi, ha anche combattuto per cambiare la legge brasiliana in fatto di omicidi e sembra sia riuscita nel suo intento perchè ora c’è un maggiore rigore in casi analoghi.

La novela da allora non fu più riproposta: Gloria Perez ha dichiarato che se decidessero di farlo lei si licenzierebbe dalla Globo.

Su you tube ci sono alcune scene di questa trama che, fatalmente, aveva come elemento portante la morte improvvisa di una donna.

Vediamo dunque quali erano i principali avvenimenti di questa storia.

Diogo (Tarcisio Meira), un giudice retto, sente il suo matrimonio con Antonia (Betty Faria) andare in crisi quando perde la testa per Betina (Bruna Lombardi), che però muore in un incidente stradale poco dopo essere stata abbandonata dal magistrato.

Il suo cuore è trapiantato in Paloma (Cristiana Oliveira), una giovane donna sposata con uno spogliarellista, Juca (Victor Fasano), che lavora presso il Club delle Donne.
Diogo, che con Antonia ha un figlio, Filippo (Murilio Benicio), sentendosi in colpa , si avvicina a lei immaginando di stare accanto a Betina. Paloma, però, si innamora di lui senza sapere del suo coinvolgimento con la donatrice dell’organo.
Nel frattempo, Juca diventa il pupillo del misterioso Vidal (Carlos Vereza) e ottiene successo nel locale “Club delle donne”, diventando l’amante di Stella (Beatriz Segall), una ricca signora.
Nel corso della storia si inserisce la vicenda di due coppie, Caique e Bia e Terè e Vado, le quali, a causa di uno scambio di neonati, crescono l’una il figlio dell’altra.

E’ inquietante pensare che proprio in questa novela, in cui Gloria Perez ha voluto affrontare il tema della morte e della donazione di organi, sia poi avvenuta sul set una morte vera, e proprio di sua figlia!!
Non so proprio come abbia poi fatto e riprendere in mano la storia, a tornare negli stessi luoghi dove sua figlia non poteva più recitare le parole scritte da lei…ha dato prova di grande forza e incredibile coraggio!
Se poi pensiamo che dopo questa è stata in grado di scrivere altre novelas, migliorando sempre di più e arrivando al suo capolavoro, “O Clone”, si deve dedurre che questa donna sia veramente dotata di creatività e talento inusuali.
Quando ho visto “O Clone” non conoscevo ancora questa sua tragedia personale, ma dopo averne avuto notizia, ripensando alla profondità dei dialoghi, al tema della clonazione come mezzo per far rivivere un proprio caro deceduto in giovane età, agli interrogativi sul destino, sulla libertà dell’uomo, sui disegni di Dio e sulle possibilità offerte dalla scienza, ho capito che nello scrivere certe cose l’autrice ha messo molto della sua esperienza personale, delle sue riflessioni, del suo dolore, e questo me l’ha fatta apprezzare ancora di più.

Nell’ultima puntata di De corpo e alma, l’attore Stenio Garcia, molto legato a Daniela, ha letto una lettera della mamma alla figlia scomparsa: ecco il commovente momento.