Dopo un periodo di assenza, torno a scrivere qui e da ora spero di farlo con maggiore regolarità. Essendo noveleira, riparto proprio dall’ultima produzione Globo vista per intero. Si tratta di “Salve Jorge”, di Gloria Perez, trasmessa da Rede Globo da ottobre 2012 a maggio 2013, che ho seguito più o meno in contemporanea con il Brasile (alternando spaventosi ritardi a recuperi sovrumani 😀 ). Partita con ascolti piuttosto bassi, soprattutto se confrontati alla precedente, la fortunatissima “Avenida Brasil”, la novela ha creato polemiche e diviso il pubblico tra ammiratori e detrattori, cosa che succede sempre con i lavori di questa autrice, tuttavia col passare dei mesi i telespettatori sono aumentati e nella parte finale vi sono stati picchi di share molto alti (anche se la media complessiva, 35%, resta inferiore alle aspettative). Inizio col dire che il mio giudizio complessivo è positivo (anche perché altrimenti l’avrei abbandonata) e che, pur non ritenendola certo una novela indimenticabile, come fu “O Clone”, a volte ho ritenuto eccessive le critiche negative, dal momento che i difetti riscontrati in “Salve Jorge” si possono facilmente trovare anche in altre produzioni, sia del passato che attuali.
L’argomento principale della storia era il traffico umano, in particolare lo sfruttamento della prostituzione e le adozioni illegali di neonati. Un tema forte, insolito, come nelle precedenti novelas della Perez , e una novità anche nella scelta della protagonista: Morena è infatti una giovane che risiede in una vera favela, in quel “Morro do Alemão” di Rio de Janeiro, zona che, nella realtà, ha da poco subito un processo di pacificazione.
Questi sono due aspetti che ho molto gradito, in quanto hanno contribuito ad allertare la popolazione su un fenomeno purtroppo ancora diffuso e restituito dignità agli abitanti delle favelas, spesso vittime di pregiudizi. Qualcuno ha obiettato che un argomento così serio come il traffico umano non dovrebbe essere affrontato in una novela, che è comunque un genere destinato all’intrattenimento e all’evasione dalla realtà. Per quanto mi riguarda, ciò che mi piace della Perez è proprio quel suo unire la componente classica, romantica, ereditata dalla sua maestra Janete Clair, ai problemi reali della società di oggi. Poi, avendo visto in passato tante telenovelas in cui l’argomento principale era l’amore, solitamente ostacolato dai cattivi di turno, e la trama si riduceva ad un continuo “gioco delle coppie”, ora sono ben contenta di trovare nuovi elementi che arricchiscono la narrazione e offrono spunti di riflessione e collegamenti al mondo reale.
Nanda Costa, scelta per ricoprire il ruolo di Morena, non ha, soprattutto all’inizio, incontrato i favori del pubblico in quanto non corrispondeva all’immagine tipica della mocinha, ma col passare del tempo ha guadagnato consensi: a me è piaciuta molto la sua evoluzione da ragazza piuttosto volgare, attaccabrighe, a giovane donna coraggiosa, altruista e mai rassegnata, capace di ritrovare il sorriso anche nelle situazioni più disperate.
Ho approvato meno, invece, la scelta del protagonista, Rodrigo Lombardi, un attore che a me in genere non entusiasma, e qui non ha fatto eccezione: il suo personaggio, poi, era caratterizzato da un’impulsività che spesso lo rendeva poco simpatico e decisamente infantile in alcune sue reazioni.
“Salve Jorge” racconta di Morena e dell’inferno in cui inconsapevolmente precipita: bisognosa di soldi per poter riscattare la casa in cui vive con al madre e un figlio, Junior, avuto nell’adolescenza da un trafficante di droga, e non volendo dipendere da nessuno, neppure dal fidanzato, il capitano dell’esercito Théo (Lombardi) , la ragazza cede alle lusinghe dell’imbrogliona patentata Wanda (Totia Meirelles), che le promette un lavoro all’estero. Ed ecco che si ritrova catapultata in Turchia dove, insieme ad altre giovani, tra cui Jéssica (Carolina Dieckmann), che diverrà una sua grande amica, scopre con orrore di essere diventata una vera e propria schiava, rinchiusa in un deposito e costretta a prostituirsi in un locale notturno, sotto la vigilanza del perfido Russo (Adriano Garib).
Da quel momento la novela sarà incentrata sui tentativi di Morena di recuperare la libertà e sulle indagini che porteranno alla scoperta dei colpevoli: dopo una serie di intrighi, omicidi (uno dei momenti più drammatici sarà la morte di Jéssica, ispirata alla vera storia di una ragazza che ha purtroppo subito questo triste destino), arresti, interrogatori, trappole, si giungerà, nel finale, alla liberazione, con una scena degna di un film d’azione, delle vittime dell’ignobile traffico.
Il titolo, “Salve Jorge”, fa riferimento alla battaglia che diversi personaggi della storia intraprendono contro i draghi che vogliono annientarli, proprio come fece San Giorgio, di cui Théo è devoto. E i draghi di questa novela, ma anche della vita di tanti di noi, possono essere di volta in volta persone senza scrupoli, difficoltà economiche, difficoltà nel lavoro, lutti, problemi coniugali, pregiudizi, o anche un passato che ci perseguita.
I nuclei coinvolti nella storia sono parecchi (e questa è un’altra delle critiche che l’autrice ha ricevuto: troppi personaggi, troppi attori ridotti a semplici comparse). C’è la divertentissima delegada Helô di Giovanna Antonelli, brillante commissario di polizia, una delle figure più riuscite ed amate della novela, affiancata nel lavoro da eccellenti collaboratori come la simpatica Jo (Thammy Miranda); nella sua vita privata una costante è invece la presenza dell’ex marito Stenio (Alexandre Nero), avvocato, che prova continuamente a riconquistarla, e che ha l’affidamento della loro viziatissima figlia, Drika (Mariana Rios), sposata con il nullafacente, imbroglione e poco sveglio Pepeu.
C’è il ricchissimo Mustafà (Antonio Calloni), amico di Stenio: vive in un lussuoso palazzo in Turchia, con vista su Bosforo, insieme alla moglie Berna (Zezé Polessa) e alla figlia adottiva Aisha (Dani Moreno) che, raggiunta la maggiore età, vuole ritrovare la sua famiglia biologica, quindi i tre saranno per gran parte del tempo in Brasile.
Ci sono poi due famiglie, legate da un’amicizia pluriennale e da segreti che verranno scoperti solo nel finale. Da una parte i Flores Galvão, cioé la risoluta Dona Leonor (Nicette Bruno) e i bramosi eredi dell’ingente patrimonio, ossia la possessiva Aída (Natália do Valle), la single Rachel (Ana Beatriz Nogueira), il pacato Carlos (Dalton Vigh), i suoi figli Caíque (Duda Nagle) e Carol (Mila Freitas), la fastidiosissima, di lui moglie, Amanda (Lizandra Souto), e il maggiordomo ultra-conservatore Thompson (Odilon Wagner); dall’altra parte Isaurinha ( Nívea Maria) e Arturo ( Stênio Garcia), ormai caduti in disgrazia, il loro irascibiile e inconcludente figlio Celso (Caco Ciocler), sposato con l’ingenua Antonia (Letícia Spiller), e la loro bambina Raissa, contesa tra i due in una dolorosa separazione e nella conseguente lotta per l’affidamento.
C’è il nucleo turco, che oltre alle meravigliose vedute di Istambul e ai bellissimi paesaggi della Cappadocia, corredati dalle consuete danze tipiche, presenta una serie di personaggi legati alle tradizioni del luogo (la già citata famiglia di Mustafà e i suoi parenti ed amici Sarila, Zyah, Ayla, Tamar, Demir, Murat e altri), ai quali si uniranno per diversi mesi la spregiudicata Bianca (Cléo Pires), brasiliana che perderà la testa per Zyah (Domingos Montagner) e disputerà il suo amore con Ayla ( Tânia Khalill), e in seguito Morena, in fuga dai suoi aguzzini e ritenuta morta da tutti. Poi ci sono gli abitanti del complesso di Alemao: varie macchiette (Diva, Maria Vanúbia, Lurdinha, il pregiudicato Pescoço) e due figure fondamentali della storia: Lucimar, la battagliera madre di Morena, con la quale, grazie alla bravura di Dira Paes, mi sono commossa più volte, e Delzuite (Solange Badim), che si rivelerà essere la madre biologica di Aisha.
E ancora il nucleo dei militari, tra cui il protagonista della storia, Théo, la sua ex Érica (Flávia Alessandra), dalla quale il nostro tornerà ad ogni crisi con Morena e soprattutto quando la crederà persa per sempre, il collega invidioso Élcio (Murilo Rosa) e il colonnello Nunes (Oscar Magrini), che diverrà il marito di Aída.
Infine abbiamo tutto il gruppo dei trafficanti di persone: colei che è a capo dell’organizzazione, Lívia Marine (Cláudia Raia), nome famoso nel campo della moda, per questo al di sopra di ogni sospetto per molto tempo,Wanda con le sue macchinazioni e le sue molteplici identità, Irina (una stanca Vera Fischer) Russo e il suo unico amore, il gatto Yuri, Rosangela (Paloma Bernardi), una vittima che si allea con i suoi aguzzini, e vari complici dislocati nei luoghi in cui vengono commessi i reati legati alla prostituzione e alle adozioni illecite.
Con un cast così ricco (e ho tralasciato alcuni personaggi minori, seppur alcuni interpretati da nomi importanti) inizialmente non è stato facile entrare nella storia ed appassionarmi alle vicende che sembravano slegate, ma dopo una quarantina di capitoli ero totalmente coinvolta , e ad ogni puntata c’era almeno un colpo di scena, o un incontro inatteso, o una scoperta sconvolgente. Sono stata in tensione mentre Helô svolgeva le sue indagini e si avvicinava sempre di più a scoprire le trame ordite dalla rete dei trafficanti, ho riso con le schermaglie tra lei e Stenio, con la camariera Creusa (Luci Pereira) nelle vesti di Cupido, e devo dire che il finale ha regalato una degna conclusione, sia amorosa che professionale, a questo fantastico personaggio della Antonelli, che ha rubato la scena alla protagonista.
Ho sofferto con Morena quando cercava di fuggire o di comunicare con il mondo esterno, quando pensava alla madre o al figlio Junior rimasto a Rio, quando, tornata in Brasile, minacciata da Russo, doveva fingere con tutti e tacere la sua condizione di prostituta schiavizzata, o quando, incinta del secondo figlio, volevano obbligarla ad abortire, così come era avvenuto ad altre sfortunate ragazze che lavoravano con lei.
E ho sognato con Bianca e Zyah, che vivevano la loro passione in un luogo incantato, in cui dimenticavano tutto e tutti, anche le loro diverse concezioni della vita, e si rifiutavano di vedere l’uno i limiti dell’altra.
Ho trovato interessante anche il tema dell’alienazione parentale, e in questo contesto mi ha favorevolmente colpito Leticia Spiller nei panni della povera Antonia, la cui autorità di madre veniva pian piano minata dalle insinuazioni che il marito faceva, in maniera subdola, alla loro figlia, ancora troppo piccola per rendersene conto.
Gloria Perez è stata spesso ferocemente criticata per via di alcune incongruenze nella trama, per situazioni che sono parse assurde (una chiesa aperta durante la notte, un omicidio commesso dentro un ascensore di un hotel) e per la “scomparsa” di alcuni personaggi, come quello di Cristiana Oliveira, per buona parte della telenovela.
Alcune di queste osservazioni erano anche condivisibili, secondo me, ma ad un certo punto si è creata una vera e propria campagna contro la Perez e una continua e anche ridicola “caccia all’errore”. Del resto, se anche in noti e pluripremiati film di Hollywood spesso ci sono errori e “licenze poetiche”, a maggior ragione posso perdonarli in una telenovela con tanti personaggi, una trama “gialla” e composta da quasi duecento episodi.
Io confesso che mi sono ugualmente appassionata e in alcune serate vedevo anche cinque puntate di seguito, presa dalla frenesia di conoscere gli sviluppi della trama.
Ciò che non mi ha soddisfatto in pieno è stata, nelle ultime puntate, la conclusione affrettata di alcune vicende, tra cui appunto l’affidamento di Raissa, oppure la punizione dei cattivi, solo accennata nelle ultime scene, o la nascita del legame amoroso tra Lucimar e Thompson, che si intuiva da tempo ma che si è concretizzata solo nel momento finale della storia.
Invece ho gradito molto la soluzione della storia di Aisha, in particolare il modo in cui lei, dopo l’iniziale rifiuto, impara ad apprezzare la sua umile famiglia biologica e ad amalgamarsi agli abitanti della favela.
E anche vedere, al termine del suo calvario, Morena riunirsi a Théo, ai due figli e alla madre, festeggiata dagli amici nel luogo in cui è sempre vissuta, è stato davvero emozionante.
Tra gli attori, le mie lodi vanno a Totia Meirelles, una splendida cattiva, alla mia amata Giovanna Antonelli, poi a Dira Paes, Antônio Calloni, Adriano Garib, Leticia Spiller, Tiago Abravanel (Demir).
E infine, come sempre ho gradito la colonna sonora, i paesaggi di Rio e Istambul e gli abiti. Da notare che questi ultimi avevano un valore simbolico: eccentrici e dai colori sgargianti quelli della vulcanica ma problematica Helo, rigorosamente bianchi quelli di Livia nella prima parte, quando era fredda e impassibile di fronte a qualsiasi situazione, nei toni del rosso, invece, quando perdeva la testa (e il controllo di sé ) per Théo, sobri ed eleganti quelli della pacata Antonia, semplici e dai colori pastello quelli della mite e comprensiva Erica.